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Se non avessi ancora avuto occasione di dirlo, il vino è una delle mie passioni. Degustato, sorseggiato, collezionato, ma soprattutto ricercato nelle mie tante uscite fuori Milano a caccia di tradizioni enogastronomiche, come qualche settimana fa durante una sosta a un Castello in Barolo.

Per questo motivo e per la curiosità verso uno dei prodotti che fa grande il nostro meraviglioso paese all’estero, ogni anno mi faccio una capatina al Vinitaly, occasione imperdibile per assaggi d’eccellenza.

Cercando le date sul loro sito (per vostra informazione dal 7 al 10 aprile ), mi capita di leggere una definizione della manifestazione di quest’anno, che ha davvero toccato le mie corde creative. Annunciava che i vini avrebbero avuto “i colori del mondo”.

E’ vero! Vinitaly oltre che un unico imperdibile viaggio, che ti offre l’opportunità di conoscere e assaggiare vini di tutti i continenti, distillati e liquori, è anche un percorso di colori.

Se ci fate caso prima dell’olfatto e del gusto , alzando il calice, è il colore quello che tutti osserviamo. Quasi che la vista preannunciasse il piacere che ci aspetta. Trasparenze, sfumature, gradazioni che raccontano una storia e trasmettono il valore della cura, della competenza e della perseveranza di chi lo ha prodotto.

Ma il mondo, che colori ha?

Le gamme dei rossi dell’Amarone della Valpolicella e di un Montepulciano? O magari del Morellino e della Vernaccia? Oppure il giallo paglierino di un buon Verdicchio, o il giallo ambrato di un Passito?

Si, a pensarci bene, i colori di un dipinto ricreano atmosfere, paesaggi, città e volti di ogni etnia, così come i toni dei vini australiani, spagnoli, francesi, croati e ungheresi sanno parlare di campagne, colline, di vigneti e di tavole di cucine tipiche.

E basta assaggiare un Rum, una Vodka, una Tequila, o un Sake’, per gustare sapori e colori della Repubblica Dominicana, del Baltico, del Messico o del Giappone.