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Che cosa sarebbe la nostra vita senza il colore? E se io potessi scegliere di essere un colore che colore vorrei essere?

È una domanda che mi faccio spesso quando dipingo e sono nel mio “elemento”. Soprattutto me lo chiedo quando mi rendo conto che la mia preferenza va inevitabilmente verso un colore o l’altro. A volte è più il viola, velluto, sensualità, malinconia, a volte l’arancio, calore, forza, armonia.

Il colore alla fine, a prescindere dall’espressione artistica, è comunicazione e ha specifiche funzioni o significati. Autorevolezza, seduzione, persuasione, neutralità, quando ad esempio scegliamo un abito o un accessorio. Nel mio caso ad esempio i miei adorati cappelli.

In pubblicità, lo sappiamo bene e alcune volte ci è capitato di verificarlo personalmente, viene sapientemente utilizzato per provocare  sensazioni auditive, olfattive, gustative, tattili, come la piccantezza del rosso, la confortevolezza del rosa, la freschezza dell’azzurro blu, la morbidezza dei bianchi.

Nell’arredamento le tonalità chiare vengono usate per dilatare le dimensioni apparenti degli oggetti, quelle scure invece per farli sembrare più piccoli. Così come un oggetto sembra più leggero se ha dei toni chiari, più pesante invece quelli scuri.

Si dice che un certo colore sia caldo o freddo perché in effetti può davvero metterci inconsapevolmente nella condizione di percepire una temperatura differente. Un affascinante gioco psicologico in cui interviene per prima la natura. Il paesaggio di un prato verde ad esempio ci rasserena, lo stesso paesaggio brullo e marrone ci mette tristezza. Il mare blu è profondità, intensità, il mare grigio d’inverno, malinconia. La personale magia di poter utilizzare il colore a piacimento quando dipingo, mi rendo conto, è data dalla contaminazione. Posso essere in un mood giallo arancio perché il messaggio che voglio comunicare è empatico, intervenendo con il nero o con il blu, comunico un elemento che definisce non solo il quadro ma anche il linguaggio.